ARTICOLO – Crescere in spazi verdi è associato ad un minor rischio di sviluppare una diagnosi di schizofrenia

 

Alcuni fattori ambientali, come vivere in zone con ampi spazi verdi (parchi, praterie, foreste, ecc.), sembrerebbero avere uno stretto legame con il successivo rischio di sviluppo di una diagnosi di schizofrenia. Infatti, la presenza di un Green Space potrebbe potenzialmente influenzare un ridotto rischio di sviluppare una diagnosi di schizofrenia, favorendo il recupero di risorse psicologiche, fisiologiche e sociali attraverso il ripristino del benessere psicologico, la riduzione del rumore e dell’inquinamento atmosferico e influendo così sulla cognizione e sullo sviluppo del cervello e migliorando il funzionamento immunitario. Non è ancora però chiaro se questa associazione sia mediata dai fattori genetici o se i due fattori di rischio (genetico e ambientale) funzionino in modo aggiuntivo.

Lo studio di Engemann et al. (2020) si è posto come obiettivo quello di indagare l’associazione tra l’esposizione in età infantile a spazi verdi e il minor rischio di sviluppare la schizofrenia in età più avanzata, indagando nello specifico le possibili associazioni gene-ambiente. La ricerca di possibili associazioni tra gene-ambiente e hazard ratio (HR) della schizofrenia è stata svolta incrociando una stima dell’esposizione infantile a spazi verdi a livello residenziale sulla base del Normalized Difference Vegetation Index (NDVI) tramite satellite, con stime di ereditarietà genetica relative a 19.746 individui estratti dal campione danese di iPSYCH.

I risultati dello studio hanno dimostrato che crescere circondati da più spazi verdi è associato con un minor rischio di sviluppare una diagnosi di schizofrenia, mentre avere un’elevata predisposizione genetica è associato ad un rischio maggiore. In aggiunta, i risultati suggeriscono che l’esposizione a spazi verdi e l’ereditarietà genetica funzionino in modo aggiuntivo nel predisporre l’individuo al rischio di diagnosi di schizofrenia.

 

Per consultare articolo, cliccare qui:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32415773/

 

A cura del dott. Giulio Sbravati

 

 

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